26 settembre 2008

"Mettiamo al bando la parola clandestino (e non solo quella)" . Campagna promossa da"Giornalisti contro il razzismo"

Le parole sono importanti.
Il loro uso, di più.
Le parole per dirlo a volte sono difficili da trovare. Ancor più difficile, talvolta, è trovare le parole per non dirlo: soprattutto nonviolente.
Non dire e perciò non fare discriminazioni. Non dire, e quindi non creare, con l'uso errato delle parole, delle stigmatizzazioni attraverso cui violentare "l'altr*".
Impressionati per i toni e i contenuti di molti servizi giornalistici, relativi al tema dell'immigrazione, che hanno violato la deontologia della professione giornalistica e hanno agito processi caratterizzati da tratti xenofobi, tre giornalisti, Lorenzo Guadagnucci e Beatrice Montini, giornalisti di Firenze, e Zenone Sovilla giornalista di Trento, hanno promosso l'appello "I media rispettino il popolo rom" che ha ricevuto centinaia di adesioni di giornalisti e di "mediattivisti italiani": il dato in mio possesso, riferito al 21maggio 2008, attestava l'adesione di 535 persone. L'appello sollecitava i singoli giornalisti a riflettere sul proprio ruolo e su quello dei media rispetto al rischio di razzismo nel fare informazione; gli organismi di categoria - ordini dei giornalisti regionali e quello nazionale - ad intervenire per interrompere ogni informazione xenofoba, i cittadini a segnalare alle redazioni e all'Ordine dei giornalisti, ogni articolo, servizio o notizia discriminatori e/o contenenti risvolti di incitamento all'odio razziale, eventualmente riscontrati nei media.
A questo appello ne è seguito un secondo. In seguito ad un seminario svoltosi a Settignano (Firenze) è stata avviata una riflessione su "i mezzi di informazione che rischiano di svolgere un ruolo attivo nel fomentare diffidenza e xenofobia". Per contrastare questa pericolosa deriva il primo passo è stato quello di "partire dal linguaggio, dalle parole che si usano per informare in particolare su rom e migranti. È nata così l'idea di definire un glossario minimo, a cominciare da alcune parole che ci pare necessario "mettere al bando" e di chiedere a chiunque faccia informazione due cose: impegnarsi a non usare queste parole, se e quando si presenti l'occasione di occuparsi di rom e migranti e partecipare a una discussione pubblica sulle parole utilizzate dai media e sui criteri di selezione e trattamento delle notizie" (fonte "Campagna "Mettiamo al bando la parola clandestino (e non solo quella)".
C'è la consapevolezza nei promotori (Lorenzo Guadagnucci, Carlo Gubitosa, Beatrice Montini, e Zenone Sovilla) e in chi ha aderito (il dato del 19 settembre 2008 attesta 51 adesioni, tra cui anche quella della sottoscritta) che"le distorsioni dell'informazione e il "ruolo attivo" spesso svolto dai media del fomentare diffidenza, xenofobia e razzismo non si esaurisce nell'uso inappropriato e stigmatizzante delle parole. L'enfasi attribuita a episodi di cronaca riguardanti rom, migranti e in genere "l'altro"; la "etnicizzazione" dei reati e delle notizie; la drammatizzazione e criminalizzazione dei fenomeni migratori; l'uso di metafore discriminanti sono tutti elementi che contribuiscono a creare un'informazione distorta e xenofoba".
Le parole da mettere al bando, si veda il glossario-vademecum per motivazioni alternative, sono: clandestino, vu cumprà, extracomunitario, nomadi, zingari (www.giornalismi.info/campagne/index.php?id=3&id topic=10)
Il mio impegno è consistito, sinora, nel pubblicare articoli e nello scrivere, e recapitare, una lettera aperta al Presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Valle d'Aosta e ai giornalisti dell'Ordine e alla Direttrice, al direttivo, ai soci, dell'Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea in Valle d'Aosta, con oggetto "lettera aperta per sollecitare l'apertura di una riflessione e di una discussione" all'interno dei due organismi, sul ruolo dei media nel trattamento dell'informazione rispetto all'intolleranza, al razzismo e alla schedatura etnica di Rom e Sinti - consegnate a mano il 14 luglio scorso in occasione e prima della manifestazione pubblica della campagna contro il razzismo "Prendiamoci le mani, non le impronte!" raccolta pubblica volontaria di impronte svoltasi ad Aosta in Piazza Chanoux.

Mentre aspetto un cenno di risposta diretto, proverò a tenere fede all'impegno preso di "partecipare a una discussione pubblica, sulle parole utilizzate dai media e sui criteri di selezione e trattamento delle notizie" insieme ad alcuni giornalisti, attualmente in fase di definizione.

Silvia Berruto