"I viaggi perduti". Il viaggio come memoria Di Luciano Del Sette e Simona Cagnasso per Il Manifesto
Ci sono luoghi del pianeta che sono diventati impossibili da visitare. O ad alto rischio. Alcuni siti non esistono più. Bosnia Erzegovina. Le guerre "minori", Libano. Le vittime innocenti, Iran. Le catastrofi della natura, Iraq. La guerra totale, Kurdistan. I senza patria, Afghanistan. Il fanatismo, Birmania. Le dittature, Ruanda. Il genocidio, Sahara. La dissoluzione di un mito, New York. Il fanatismo, New Orleans. L'eterno apartheid, Haiti. L'indifferenza del mondo, Pianeta. "I delitti del progresso" sono tredici luoghi emblematici, rappresentativi di altrettanti viaggi perduti, distrutti dalle guerre, dalla fame, dal nuovo colonialismo, dagli odi razziali, dal terrorismo, dal fanatismo, dai disastri ecologici, dall'imperialismo delle multinazionali, da forme di turismo insensibili a culture e identità altre: tutte destinazioni di un viaggio inteso come memoria.
Per conservarne la memoria è nata l'opera "I viaggi perduti", suoni immagini e parole, un'opera in dvd e cd, esiti felici di un progetto ideato e curato da Luciano Del Sette, Simona Cagnasso, da tredici attori e da tredici musicisti, da giornalisti, discografici e tecnici per i Materiali Musicali de Il Manifesto.
Ottanta minuti di suoni immagini e parole nel tentativo di difendere i viaggi perduti da un oltraggio ancora più grande della distruzione dei luoghi: la perdita della loro memoria.
A Torino, al Caffè Liber, lo scorso 9 ottobre si è svolta la seconda presentazione italiana del progetto, a cui seguiranno gli appuntamenti di Napoli, Bologna e Firenze. Torino ha dato una grande risposta ha detto Luciano Del Sette ricordando l'apporto sostanziale di Simona Cagnasso con gli attori, del Sermig - Arsenale della pace - che ha dato gli studi di registrazione per incidere l'Orchestra di Porta Palazzo, di Gigi Venegoni che ha dato il suo studio, di Laura Turino che ha scritto e recitato un pezzo su New Orleans.
"Blows down on the round" (Un vento dal sangue dolce) è il brano intenso e struggente di Maria Pia De Vito, scritto pensando al Ruanda, ha introdotto il pubblico nel viaggio attraverso i viaggi perduti proposto dall'omonimo progetto.
Michela Gesualdo, che si occupa della produzione musicale del Manifesto dal 1995 e che ha lavorato con Luciano del Sette a questo progetto ha dichiarato: "per noi del Manifesto è un progetto importantissimo perché racconta quello che la stupidaggine umana, la deficienza umana, ha creato e continua a creare in certi luoghi del mondo", ha presentato con un velo di emozione, ma anche con un po' di giustificata rabbia, i viaggi perduti. "Quello che posso raccontare e dire rispetto all'attività del Manifesto è che le parole scritte in questo testo (La terra scotta di Allegri, ndr) e la musica che lo accompagna danno veramente il sentimento di cosa vuol dire per noi mantenere ancora qui quei luoghi e quei corpi vivi e avere la possibilità di raccontarli. Forse la situazione è talmente irreversibile che noi abbiamo dato un segnale con questo progetto ma credo che non riusciremo mai ad arrestare veramente quello che l'uomo riesce a distruggere nel nostro pianeta".
Luciano Del Sette, ideatore e curatore del progetto ha spiegato il significato dell'operazione. "Il Manifesto ha fatto uno sforzo immenso su questa cosa: è stato uno sforzo di persone ed economico, anche molto grande: ci hanno creduto tutti. Un anno fa "abbiamo cominciato al tavolo di un posto storico del Manifesto, in piazza della Torretta, chiacchierando a tavola": è lì che Luciano Del Sette ha raccontato la sua idea al Manifesto da subito concorde. "Raccontiamo una realtà che ci sfugge. Una grande parte delle geografie umane, culturali e fisiche sono completamente sparite", alcuni luoghi dove si poteva andare non sono più praticabili. Tredici luoghi, tredici geografie esemplificative di altrettante tragedie, sono stati presi come casi per esemplificare quello che succede nel mondo di tutti i giorni.
Luciano del Sette e Simona Cagnasso, che ha curato il dvd, hanno coinvolto tredici attori e tredici musicisti chiedendo loro di interpretare i luoghi scelti raccontandoli, anche senza averli mai visti, con una traccia di parole e di suoni. "Abbiamo ricevuto una risposta assolutamente fantastica." Infatti tutti gli artisti "hanno scritto, suonato, recitato, registrato nelle ore e nei giorni più impensabili e impensati" come si legge alla fine del volume che raccoglie i testi contenuti nel cd.
Il senso del lavoro, ha detto Luciano Del Sette, è mostrare queste realtà insieme alla volontà "di restituire alle generazioni più giovani il fatto che non potranno mai più andare in questi paesi. Questi paesi non esistono più. L'Afghanistan sarà destinato ad essere sempre, di qui a cento anni, un cumulo di macerie umane e culturali. Però non poter più andare in un posto non significa dimenticarlo. Se pensiamo che oggi i ragazzi che hanno diciotto anni quando è stato buttato giù il ponte di Mostar ne avevano tre, ricordare che il ponte di Mostar era un simbolo di convivenza e di civiltà, nelle infinite difficoltà, penso che questo sia una cosa estremamente importante. L'abbiamo messo in parole, l'abbiamo messo in musica, l'abbiamo messo in immagini. E questo è quello che vogliamo farvi conoscere questa sera".
"Noi dell'Orchestra di Porta Palazzo abbiamo lavorato su Haiti - ha raccontato Mauro Basilio - posto di cui noi sapevamo pochissimo, lo diciamo chiaramente, ma è in effetti il simbolo dell'indifferenza. L'abbiamo colto come simbolo dell'indifferenza del fatto che non siamo gli unici a saperne molto poco e del fatto che non ne giunge notizia. Noi abbiamo lavorato con un canto di sofferenza e di speranza in tre lingue: in swahili, in edo e in marocchino". "Sarkha" è il titolo di questo splendido brano in cui sofferenza e speranza si contaminano, dove la forza, la bellezza e la dolcezza del canto si fondono per comunicare il senso più profondo del messaggio che esprime l'orchestra di Porta Palazzo: "Non ci rassegniamo alla guerra, alla fame, all'indifferenza, ma continuiamo a cercare la libertà, la pietà, e la convivenza. Crediamo nel valore di ogni vita umana e continuiamo a sperare nella fine di ogni sofferenza e di ogni ingiustizia".
Dal piacevole tramestìo del locale gremito si è alzata a quel punto la voce recitante di Eugenio Allegri col brano "La terra che scotta" scritto con Susanna Teodoro, autrice dell'illustrazione di copertina del cofanetto. "Ho visto le immagini che ha messo insieme Simona, ho sentito gli altri attori, gli altri musicisti: è una cosa che ferisce profondamente questa. Le ferite, si sa, sono fatte per essere rimarginate. Questa ferita credo che serva a tutti coloro che possono vedere queste immagini, sentire queste parole e queste musiche straordinarie, abbiamo appena sentito un pezzo bellissimo dell'orchestra di Porta Palazzo. Penso che aprire una ferita ponga poi il problema di chiuderla. Credo che questa sia la consegna che si passa chi compra questo dvd questo cd."
Le immagini proiettate sono il prodotto di una serie di frammenti concessi da "Fuori Orario" di Enrico Ghezzi. Simona Cagnasso ha effettuato il montaggio di questo breve video composto da tredici montaggi, ognuno dei quali è riferito ai tredici luoghi di cui si parla e si canta nel cofanetto. Le immagini sono state concesse dall'Archivio di Rai3 di Enrico Ghezzi, dall'archivio de LA7, da Radio for Peace e da Giovanna Volonté per le immagini inedite tratte dalle riprese dell'ultimo giorno di lavoro di Gian Maria Volonté ne "Lo sguardo di Ulisse" (To vlemma tou Odyssea) di Theo Angelopoulos, "Personalmente è stata un'esperienza bellissima. Lavorare con Il Manifesto è stato molto bello. È raro in quest'ambiente lavorare in condizioni così belle, così stimolanti. Montare e riassumere in tre-quattro minuti per ogni argomento situazioni così drammatiche è effettivamente molto difficile. Ci si pone domande che normalmente non ci si pone e forse si riflette un po' di più sul significato, sull'uso delle immagini e sulla potenza delle immagini". Gran parte del montaggio, ha ricordato Simona Cagnasso, è merito di chi ha composto le musiche di appoggio alle immagini: il compositore romano Riccardo Cimino.
Imperdibile
Per conservarne la memoria è nata l'opera "I viaggi perduti", suoni immagini e parole, un'opera in dvd e cd, esiti felici di un progetto ideato e curato da Luciano Del Sette, Simona Cagnasso, da tredici attori e da tredici musicisti, da giornalisti, discografici e tecnici per i Materiali Musicali de Il Manifesto.
Ottanta minuti di suoni immagini e parole nel tentativo di difendere i viaggi perduti da un oltraggio ancora più grande della distruzione dei luoghi: la perdita della loro memoria.
A Torino, al Caffè Liber, lo scorso 9 ottobre si è svolta la seconda presentazione italiana del progetto, a cui seguiranno gli appuntamenti di Napoli, Bologna e Firenze. Torino ha dato una grande risposta ha detto Luciano Del Sette ricordando l'apporto sostanziale di Simona Cagnasso con gli attori, del Sermig - Arsenale della pace - che ha dato gli studi di registrazione per incidere l'Orchestra di Porta Palazzo, di Gigi Venegoni che ha dato il suo studio, di Laura Turino che ha scritto e recitato un pezzo su New Orleans.
"Blows down on the round" (Un vento dal sangue dolce) è il brano intenso e struggente di Maria Pia De Vito, scritto pensando al Ruanda, ha introdotto il pubblico nel viaggio attraverso i viaggi perduti proposto dall'omonimo progetto.
Michela Gesualdo, che si occupa della produzione musicale del Manifesto dal 1995 e che ha lavorato con Luciano del Sette a questo progetto ha dichiarato: "per noi del Manifesto è un progetto importantissimo perché racconta quello che la stupidaggine umana, la deficienza umana, ha creato e continua a creare in certi luoghi del mondo", ha presentato con un velo di emozione, ma anche con un po' di giustificata rabbia, i viaggi perduti. "Quello che posso raccontare e dire rispetto all'attività del Manifesto è che le parole scritte in questo testo (La terra scotta di Allegri, ndr) e la musica che lo accompagna danno veramente il sentimento di cosa vuol dire per noi mantenere ancora qui quei luoghi e quei corpi vivi e avere la possibilità di raccontarli. Forse la situazione è talmente irreversibile che noi abbiamo dato un segnale con questo progetto ma credo che non riusciremo mai ad arrestare veramente quello che l'uomo riesce a distruggere nel nostro pianeta".
Luciano Del Sette, ideatore e curatore del progetto ha spiegato il significato dell'operazione. "Il Manifesto ha fatto uno sforzo immenso su questa cosa: è stato uno sforzo di persone ed economico, anche molto grande: ci hanno creduto tutti. Un anno fa "abbiamo cominciato al tavolo di un posto storico del Manifesto, in piazza della Torretta, chiacchierando a tavola": è lì che Luciano Del Sette ha raccontato la sua idea al Manifesto da subito concorde. "Raccontiamo una realtà che ci sfugge. Una grande parte delle geografie umane, culturali e fisiche sono completamente sparite", alcuni luoghi dove si poteva andare non sono più praticabili. Tredici luoghi, tredici geografie esemplificative di altrettante tragedie, sono stati presi come casi per esemplificare quello che succede nel mondo di tutti i giorni.
Luciano del Sette e Simona Cagnasso, che ha curato il dvd, hanno coinvolto tredici attori e tredici musicisti chiedendo loro di interpretare i luoghi scelti raccontandoli, anche senza averli mai visti, con una traccia di parole e di suoni. "Abbiamo ricevuto una risposta assolutamente fantastica." Infatti tutti gli artisti "hanno scritto, suonato, recitato, registrato nelle ore e nei giorni più impensabili e impensati" come si legge alla fine del volume che raccoglie i testi contenuti nel cd.
Il senso del lavoro, ha detto Luciano Del Sette, è mostrare queste realtà insieme alla volontà "di restituire alle generazioni più giovani il fatto che non potranno mai più andare in questi paesi. Questi paesi non esistono più. L'Afghanistan sarà destinato ad essere sempre, di qui a cento anni, un cumulo di macerie umane e culturali. Però non poter più andare in un posto non significa dimenticarlo. Se pensiamo che oggi i ragazzi che hanno diciotto anni quando è stato buttato giù il ponte di Mostar ne avevano tre, ricordare che il ponte di Mostar era un simbolo di convivenza e di civiltà, nelle infinite difficoltà, penso che questo sia una cosa estremamente importante. L'abbiamo messo in parole, l'abbiamo messo in musica, l'abbiamo messo in immagini. E questo è quello che vogliamo farvi conoscere questa sera".
"Noi dell'Orchestra di Porta Palazzo abbiamo lavorato su Haiti - ha raccontato Mauro Basilio - posto di cui noi sapevamo pochissimo, lo diciamo chiaramente, ma è in effetti il simbolo dell'indifferenza. L'abbiamo colto come simbolo dell'indifferenza del fatto che non siamo gli unici a saperne molto poco e del fatto che non ne giunge notizia. Noi abbiamo lavorato con un canto di sofferenza e di speranza in tre lingue: in swahili, in edo e in marocchino". "Sarkha" è il titolo di questo splendido brano in cui sofferenza e speranza si contaminano, dove la forza, la bellezza e la dolcezza del canto si fondono per comunicare il senso più profondo del messaggio che esprime l'orchestra di Porta Palazzo: "Non ci rassegniamo alla guerra, alla fame, all'indifferenza, ma continuiamo a cercare la libertà, la pietà, e la convivenza. Crediamo nel valore di ogni vita umana e continuiamo a sperare nella fine di ogni sofferenza e di ogni ingiustizia".
Dal piacevole tramestìo del locale gremito si è alzata a quel punto la voce recitante di Eugenio Allegri col brano "La terra che scotta" scritto con Susanna Teodoro, autrice dell'illustrazione di copertina del cofanetto. "Ho visto le immagini che ha messo insieme Simona, ho sentito gli altri attori, gli altri musicisti: è una cosa che ferisce profondamente questa. Le ferite, si sa, sono fatte per essere rimarginate. Questa ferita credo che serva a tutti coloro che possono vedere queste immagini, sentire queste parole e queste musiche straordinarie, abbiamo appena sentito un pezzo bellissimo dell'orchestra di Porta Palazzo. Penso che aprire una ferita ponga poi il problema di chiuderla. Credo che questa sia la consegna che si passa chi compra questo dvd questo cd."
Le immagini proiettate sono il prodotto di una serie di frammenti concessi da "Fuori Orario" di Enrico Ghezzi. Simona Cagnasso ha effettuato il montaggio di questo breve video composto da tredici montaggi, ognuno dei quali è riferito ai tredici luoghi di cui si parla e si canta nel cofanetto. Le immagini sono state concesse dall'Archivio di Rai3 di Enrico Ghezzi, dall'archivio de LA7, da Radio for Peace e da Giovanna Volonté per le immagini inedite tratte dalle riprese dell'ultimo giorno di lavoro di Gian Maria Volonté ne "Lo sguardo di Ulisse" (To vlemma tou Odyssea) di Theo Angelopoulos, "Personalmente è stata un'esperienza bellissima. Lavorare con Il Manifesto è stato molto bello. È raro in quest'ambiente lavorare in condizioni così belle, così stimolanti. Montare e riassumere in tre-quattro minuti per ogni argomento situazioni così drammatiche è effettivamente molto difficile. Ci si pone domande che normalmente non ci si pone e forse si riflette un po' di più sul significato, sull'uso delle immagini e sulla potenza delle immagini". Gran parte del montaggio, ha ricordato Simona Cagnasso, è merito di chi ha composto le musiche di appoggio alle immagini: il compositore romano Riccardo Cimino.
Imperdibile
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