NON CI STO ! Appunti per un mondo migliore
parte seconda
Tutti dobbiamo dire, in questo momento, "non ci sto"
"Non abbiamo più futuro.
E' questo che rende il nostro momento storico più grave del '38.
Ritorna una parola: la resistenza.
Tutti dobbiamo dire, in questo momento, "non ci sto".
Poco prima, solo qualche riga prima, poco sopra, Alex si poneva la domanda:
"Come è possibile che si riesca a concepire una legge come la Bossi-Fini.
Come si può tornare così indietro?"
...
"Quello che mi fa male, ripeto, è che non riusciamo a leggere la gravità del momento" (il riferimento è contemporaneo al periodo della pubblicazione di Non ci sto (2003), sostiene Alex.
Ma gli Italiani riescono, forse, oggi, mi domando, a leggere la gravità del momento attuale?
Da allora sono passati sei anni, ma il quesito sembra inesorabilmente essere ancora di attualità.
Dopo il capitolo Straricchi e impoveriti, in cui dice Alex, segue La guerra.
In tutta la sua terribilità.
In cui dice Pietro.
Pietro dice del passato.
Del passato di Auschwitz.
Delle camere a gas.
"Il passato di cui parlavo io è Auschwitz, sono le camere a gas".
Poco oltre Pietro dice qualcosa di oltremodo insopportabile.
Pietro dice di essere colpito, al di là delle tragedie dei popoli, dalla normalizzazione della guerra.
"Noi siamo usciti da quelle catastrofi, che sembrava che non dovessero più ritornare".
A proposito di questo rimbombano nel mio cuore, ancor più che nel cervello, le sollecitazioni, tra gli altri, di Ida.
Che più che parole, sono massi.
Ida Desandré.
Quante volte ha detto queste parole-massi.
Con toni ed esempi diversi.
Quante volte abbiamo potuto ascoltare queste ed altre verità da Ida.
Quanto detto e soprattutto fatto: quante lotte.
Lotte, agite da molti come lei, lottate affinché non solo catastrofi ma soprusi, sfruttamenti e violazioni dei diritti, non dovessero più ripetersi.
Pietro incalza.
"Invece la guerra è tornata senza grande scandalo: non solo non è finita ma continua ad essere praticata e sta diventando un mezzo normale. E' rispuntata la guerra giusta e persino santa."
E amaramente constata.
"Eppure negli incontri, nei dibattiti troviamo entrambi gente molto appassionata, convinta.
Com'è che allora perdiamo, perché?
Dove sta il nostro sbaglio?
Allora Pietro dice.
"Ci hai raccontato di Korogocho. Però pure tu, a tuo modo, sei un perdente.
Perché esiste ancora Korogocho?
Tu sei una testimonianza, ma esiste.
Chi tiene le fila del mondo non dice male di Korogocho. Gli va bene così e continua a comandare.
"Dov'è lo sbaglio?
Non dico tuo, ma mio.
Dov'è lo sbaglio di ognuno.
Perché siamo minoranza?
Silvia Berruto
continua
Tutti dobbiamo dire, in questo momento, "non ci sto"
"Non abbiamo più futuro.
E' questo che rende il nostro momento storico più grave del '38.
Ritorna una parola: la resistenza.
Tutti dobbiamo dire, in questo momento, "non ci sto".
Poco prima, solo qualche riga prima, poco sopra, Alex si poneva la domanda:
"Come è possibile che si riesca a concepire una legge come la Bossi-Fini.
Come si può tornare così indietro?"
...
"Quello che mi fa male, ripeto, è che non riusciamo a leggere la gravità del momento" (il riferimento è contemporaneo al periodo della pubblicazione di Non ci sto (2003), sostiene Alex.
Ma gli Italiani riescono, forse, oggi, mi domando, a leggere la gravità del momento attuale?
Da allora sono passati sei anni, ma il quesito sembra inesorabilmente essere ancora di attualità.
Dopo il capitolo Straricchi e impoveriti, in cui dice Alex, segue La guerra.
In tutta la sua terribilità.
In cui dice Pietro.
Pietro dice del passato.
Del passato di Auschwitz.
Delle camere a gas.
"Il passato di cui parlavo io è Auschwitz, sono le camere a gas".
Poco oltre Pietro dice qualcosa di oltremodo insopportabile.
Pietro dice di essere colpito, al di là delle tragedie dei popoli, dalla normalizzazione della guerra.
"Noi siamo usciti da quelle catastrofi, che sembrava che non dovessero più ritornare".
A proposito di questo rimbombano nel mio cuore, ancor più che nel cervello, le sollecitazioni, tra gli altri, di Ida.
Che più che parole, sono massi.
Ida Desandré.
Quante volte ha detto queste parole-massi.
Con toni ed esempi diversi.
Quante volte abbiamo potuto ascoltare queste ed altre verità da Ida.
Quanto detto e soprattutto fatto: quante lotte.
Lotte, agite da molti come lei, lottate affinché non solo catastrofi ma soprusi, sfruttamenti e violazioni dei diritti, non dovessero più ripetersi.
Pietro incalza.
"Invece la guerra è tornata senza grande scandalo: non solo non è finita ma continua ad essere praticata e sta diventando un mezzo normale. E' rispuntata la guerra giusta e persino santa."
E amaramente constata.
"Eppure negli incontri, nei dibattiti troviamo entrambi gente molto appassionata, convinta.
Com'è che allora perdiamo, perché?
Dove sta il nostro sbaglio?
Allora Pietro dice.
"Ci hai raccontato di Korogocho. Però pure tu, a tuo modo, sei un perdente.
Perché esiste ancora Korogocho?
Tu sei una testimonianza, ma esiste.
Chi tiene le fila del mondo non dice male di Korogocho. Gli va bene così e continua a comandare.
"Dov'è lo sbaglio?
Non dico tuo, ma mio.
Dov'è lo sbaglio di ognuno.
Perché siamo minoranza?
Silvia Berruto
continua
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