NON CI STO! Appunti per un mondo migliore
NON CI STO!
Appunti per un mondo migliore
parte terza
"Dov'è lo sbaglio di ognuno" si chiede Pietro Ingrao domandandosi "Perché siamo minoranza?
Tutti dovremmo saper dire, quotidianamente, "non ci sto" anche se un'opposizione allo status quo, ai modi e modelli dominanti, implica l'accettazione che il prezzo da pagare è la conseguente condizione dell'essere minoranza.
Nella suddivisione, puramente pratica, che ho impiegato per la frequentazione, analisi e restituzione della lettura di Non ci sto, in quello che più che un titolo dell'ultima sezione del libro, potrebbe essere piuttosto un mònito collettivo all'azione, dopo un'imprescindibile rivisitazione di quanto è stato fatto e di quanto è stato omesso, ecco che, in fine, si pone un'ultima provocante e intrigante quaestio, dalla quale nessuno può prendere le distanze: "I nostri errori, i nostri compiti" che davvero inchioda ognuno al proprio dovere, al sapere, al saper essere e al saper fare.
Ovvero al proprio modo e stile di vita.
Se Ingrao riconosce a Zanotelli più fiducia, dovuta anche, dice, forse all'aiuto delle fede, egli ci mette dentro, per sè, "delle grandi sconfitte."
L'intellettuale si domanda quanto contiamo tutti noi sulla finanza mondiale, se "ci metteremo mai d'accordo?", se "ci parleremo ancora?", se "ci incontreremo per fare qualcosa di concreto su come si influisce, per esempio, sull'andamento delle borse."
Ingrao, critico nei confronti della sinistra, mette l'accento su uno degli aspetti più complessi e problematici di oggi: il non ragionare sul dopo.
"Io ho sbagliato sulla questione della libertà, sullo stalinismo, sulla questione dell'Unione Sovietica - dice Ingrao - e ci ho messo anche tempo a capirlo, parecchio tempo. E poi su molte altre cose.
... Ho fatto una battaglia in seno al mio partito sulla questione del dissenso, per rivendicare il diritto nel partito comunista a dissentire.
Fu la battaglia dell'undicesimo congresso, e forse non è stato il peggio della mia vita ma come stavo indietro, quanto ero lontano dal capire fino in fondo la tragedia del comunismo.
... lo sbaglio è stato storico ed è venuta la sconfitta.
"Oggi (e ricordo che questa conversazione tra Ingrao e Zanotelli è del 2002, ndr) il problema è di come le forze sociali riprendano a costruire "una strategia e un modo di combattere" per spostare il potere degli antagonisti e per non rischiare di restare "dei profeti disarmati, di non decidere mai nulla."
Zanotelli risponde a Ingrao mettendo in evidenza quanto il limite non stia tanto nell'aver commesso degli errori quanto nel non riconoscerlo.
Alla Chiesa Zanotelli chiede di sbarazzarsi dai legami dal sistema, di essere povera per parlare o, altrimenti, di rimanere zitta.
"Siamo all'inizio dell'inizio dell'inizio" aggiunge.
Si dice pessimista, contrariamente a quanto di lui aveva detto Ingrao, e fiducioso nel fatto che che si deve prendere coscienza collettiva che "o ci salveremo insieme o insieme distruggeremo tutto."
... Nella nostra Italia ci sono della forze di base stupende": l'importante è dare inizio ad un processo che trasformi la società civile in un movimento, in un soggetto politico che abbia un proprio manifesto."
Dovunque.
E il soggetto politico deve partire dalla base.
"Tutti noi conosciamo il dramma di vivere sotto il governo Berlusconi, che ringrazio comunque di una cosa: ci ha ricordato che sta lì per fare affari ed è per questo che aveva trattenuto a sé il Ministero degli Affari Esteri, per ricordare alle ambasciate che il loro compito era fare affari. Andreotti, che ha fatto così bene il Ministro degli esteri, faceva fare grandi affari alle nostre imprese.
Scordiamoci la cooperazione."
[...]
Zanotelli invita tutti ad imparare prospettive politiche nuove e a fare pressione sulle istituzioni, dal basso, appunto.
Alla società civile Zanotelli chiede tre cose: "l'utilizzo di processi democratici, la trasparenza, la nonviolenza attiva."
Ai consumatori chiede di unirsi per un consumo critico e per un risparmio responsabile: un potere che si deve imparare ad usare bene.
"Mettete che un'intera provincia decida di ritirare i soldi da quelle banche connesse con la mafia e con le industrie belliche, troverete i direttori a piangere davanti al presidente della provincia o della regione promettendogli di cambiare l'etica del loro lavoro."
E chiude citando uno degli ultimi messaggi di Berlinguer che richiamava ad una "sobrietà di vita."
A questo punto Ingrao dice del suo dubbio, che non estrapolo né sintetizzo, ma rimando alla lettura filologica del testo.
Assolutamente necessaria.
Sino alla conclusione in cui Ingrao dice che "Non furono solo errori tattici e politici a sconfiggere il progetto Moro-Berlinguer, ma direi che fu la conclusione del secolo che non voleva fare questo grande passaggio sociale e decise di fermarsi lì.
Poi le cose precipitarono e in Italia si è arrivati ad una brutta restaurazione."
Segue un excursus su Castro, sugli americani e sul Partito Comunista.
"Comunque in quegli anni c'era tutta una discussione su dove stava andando il mondo, ma gli americani avevano già vinto la battaglia."
Cominciò allora il dibattito sulle ragioni della sconfitta e su che cosa doveva essere il partito comunista.
"Io sperai fino all'ultimo, non dico in un cambiamento di linea col PCI, ma che almeno fosse possibile una dialettica interna pubblica, aperta in cui c'era un'opposizione e chi dirigeva.
Invece no.
Ne discussi a lungo con Occhetto però non avevo capito.
Lui aveva già decido di chiudere Botteghe Oscure.
Infatti adesso stanno a via Nazionale."
Si chiuse così.
Ma era la crisi.
Del mondo.
A questo punto interviene di nuovo Alex Zanotelli per la conclusione.
"Le nuove speranze vengono - sostiene Alex - dalla società civile, nelle associazioni, in questo tessuto " perché Alex condivide quanto affermato da Pietro e cioè che il capitalismo è caduto nelle mani di pochissime persone.
"Praticamente abbiamo trecento famiglie al mondo che decidono tutto. Tre di queste, tra cui la famiglia di Bill Gates, possiedono l'equivalente in soldi del prodotto nazionale lordo annuo di 48 stati africani che rappresentano 600 milioni di persone. E' questa la tragedia, che neanche noi decidiamo più nulla!!
E quando Zanotelli domanda perché 40 milioni di individui muoiono aggiunge: "non posso sentirmi dire che non è possibile modificare questo sistema. Chi afferma che non si tocca il mercato dice una balla, una bestemmia."
Di nuovo mi tornano in mente le parole di Alex.
"Non abbiamo più futuro.
E' questo che rende il nostro momento storico più grave del '38.
Ritorna una parola: la resistenza.
Tutti dobbiamo dire, in questo momento, "non ci sto".
E poco prima, solo qualche riga prima, poco sopra, Alex si poneva la domanda:
"Come è possibile che si riesca a concepire una legge come la Bossi-Fini.
Come si può tornare così indietro?"
Proprio in questi giorni abbiamo visto come si possa tornare ancora più indietro.
L'Italia, una parte di essa, per decisione del governo, respingendo gli immigrati non assicura, tra gli altri, il diritto di asilo politico.
In piena violazione dei diritti umani.
Io NON CI STO!
Silvia Berruto
Appunti per un mondo migliore
parte terza
"Dov'è lo sbaglio di ognuno" si chiede Pietro Ingrao domandandosi "Perché siamo minoranza?
Tutti dovremmo saper dire, quotidianamente, "non ci sto" anche se un'opposizione allo status quo, ai modi e modelli dominanti, implica l'accettazione che il prezzo da pagare è la conseguente condizione dell'essere minoranza.
Nella suddivisione, puramente pratica, che ho impiegato per la frequentazione, analisi e restituzione della lettura di Non ci sto, in quello che più che un titolo dell'ultima sezione del libro, potrebbe essere piuttosto un mònito collettivo all'azione, dopo un'imprescindibile rivisitazione di quanto è stato fatto e di quanto è stato omesso, ecco che, in fine, si pone un'ultima provocante e intrigante quaestio, dalla quale nessuno può prendere le distanze: "I nostri errori, i nostri compiti" che davvero inchioda ognuno al proprio dovere, al sapere, al saper essere e al saper fare.
Ovvero al proprio modo e stile di vita.
Se Ingrao riconosce a Zanotelli più fiducia, dovuta anche, dice, forse all'aiuto delle fede, egli ci mette dentro, per sè, "delle grandi sconfitte."
L'intellettuale si domanda quanto contiamo tutti noi sulla finanza mondiale, se "ci metteremo mai d'accordo?", se "ci parleremo ancora?", se "ci incontreremo per fare qualcosa di concreto su come si influisce, per esempio, sull'andamento delle borse."
Ingrao, critico nei confronti della sinistra, mette l'accento su uno degli aspetti più complessi e problematici di oggi: il non ragionare sul dopo.
"Io ho sbagliato sulla questione della libertà, sullo stalinismo, sulla questione dell'Unione Sovietica - dice Ingrao - e ci ho messo anche tempo a capirlo, parecchio tempo. E poi su molte altre cose.
... Ho fatto una battaglia in seno al mio partito sulla questione del dissenso, per rivendicare il diritto nel partito comunista a dissentire.
Fu la battaglia dell'undicesimo congresso, e forse non è stato il peggio della mia vita ma come stavo indietro, quanto ero lontano dal capire fino in fondo la tragedia del comunismo.
... lo sbaglio è stato storico ed è venuta la sconfitta.
"Oggi (e ricordo che questa conversazione tra Ingrao e Zanotelli è del 2002, ndr) il problema è di come le forze sociali riprendano a costruire "una strategia e un modo di combattere" per spostare il potere degli antagonisti e per non rischiare di restare "dei profeti disarmati, di non decidere mai nulla."
Zanotelli risponde a Ingrao mettendo in evidenza quanto il limite non stia tanto nell'aver commesso degli errori quanto nel non riconoscerlo.
Alla Chiesa Zanotelli chiede di sbarazzarsi dai legami dal sistema, di essere povera per parlare o, altrimenti, di rimanere zitta.
"Siamo all'inizio dell'inizio dell'inizio" aggiunge.
Si dice pessimista, contrariamente a quanto di lui aveva detto Ingrao, e fiducioso nel fatto che che si deve prendere coscienza collettiva che "o ci salveremo insieme o insieme distruggeremo tutto."
... Nella nostra Italia ci sono della forze di base stupende": l'importante è dare inizio ad un processo che trasformi la società civile in un movimento, in un soggetto politico che abbia un proprio manifesto."
Dovunque.
E il soggetto politico deve partire dalla base.
"Tutti noi conosciamo il dramma di vivere sotto il governo Berlusconi, che ringrazio comunque di una cosa: ci ha ricordato che sta lì per fare affari ed è per questo che aveva trattenuto a sé il Ministero degli Affari Esteri, per ricordare alle ambasciate che il loro compito era fare affari. Andreotti, che ha fatto così bene il Ministro degli esteri, faceva fare grandi affari alle nostre imprese.
Scordiamoci la cooperazione."
[...]
Zanotelli invita tutti ad imparare prospettive politiche nuove e a fare pressione sulle istituzioni, dal basso, appunto.
Alla società civile Zanotelli chiede tre cose: "l'utilizzo di processi democratici, la trasparenza, la nonviolenza attiva."
Ai consumatori chiede di unirsi per un consumo critico e per un risparmio responsabile: un potere che si deve imparare ad usare bene.
"Mettete che un'intera provincia decida di ritirare i soldi da quelle banche connesse con la mafia e con le industrie belliche, troverete i direttori a piangere davanti al presidente della provincia o della regione promettendogli di cambiare l'etica del loro lavoro."
E chiude citando uno degli ultimi messaggi di Berlinguer che richiamava ad una "sobrietà di vita."
A questo punto Ingrao dice del suo dubbio, che non estrapolo né sintetizzo, ma rimando alla lettura filologica del testo.
Assolutamente necessaria.
Sino alla conclusione in cui Ingrao dice che "Non furono solo errori tattici e politici a sconfiggere il progetto Moro-Berlinguer, ma direi che fu la conclusione del secolo che non voleva fare questo grande passaggio sociale e decise di fermarsi lì.
Poi le cose precipitarono e in Italia si è arrivati ad una brutta restaurazione."
Segue un excursus su Castro, sugli americani e sul Partito Comunista.
"Comunque in quegli anni c'era tutta una discussione su dove stava andando il mondo, ma gli americani avevano già vinto la battaglia."
Cominciò allora il dibattito sulle ragioni della sconfitta e su che cosa doveva essere il partito comunista.
"Io sperai fino all'ultimo, non dico in un cambiamento di linea col PCI, ma che almeno fosse possibile una dialettica interna pubblica, aperta in cui c'era un'opposizione e chi dirigeva.
Invece no.
Ne discussi a lungo con Occhetto però non avevo capito.
Lui aveva già decido di chiudere Botteghe Oscure.
Infatti adesso stanno a via Nazionale."
Si chiuse così.
Ma era la crisi.
Del mondo.
A questo punto interviene di nuovo Alex Zanotelli per la conclusione.
"Le nuove speranze vengono - sostiene Alex - dalla società civile, nelle associazioni, in questo tessuto " perché Alex condivide quanto affermato da Pietro e cioè che il capitalismo è caduto nelle mani di pochissime persone.
"Praticamente abbiamo trecento famiglie al mondo che decidono tutto. Tre di queste, tra cui la famiglia di Bill Gates, possiedono l'equivalente in soldi del prodotto nazionale lordo annuo di 48 stati africani che rappresentano 600 milioni di persone. E' questa la tragedia, che neanche noi decidiamo più nulla!!
E quando Zanotelli domanda perché 40 milioni di individui muoiono aggiunge: "non posso sentirmi dire che non è possibile modificare questo sistema. Chi afferma che non si tocca il mercato dice una balla, una bestemmia."
Di nuovo mi tornano in mente le parole di Alex.
"Non abbiamo più futuro.
E' questo che rende il nostro momento storico più grave del '38.
Ritorna una parola: la resistenza.
Tutti dobbiamo dire, in questo momento, "non ci sto".
E poco prima, solo qualche riga prima, poco sopra, Alex si poneva la domanda:
"Come è possibile che si riesca a concepire una legge come la Bossi-Fini.
Come si può tornare così indietro?"
Proprio in questi giorni abbiamo visto come si possa tornare ancora più indietro.
L'Italia, una parte di essa, per decisione del governo, respingendo gli immigrati non assicura, tra gli altri, il diritto di asilo politico.
In piena violazione dei diritti umani.
Io NON CI STO!
Silvia Berruto
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