24 Torino GLBT Film Festival. Giorgio / Giorgia ... storia di una voce
Torino - 25 aprile 2009 - Ambrosio Due
C- 2009 Photo Silvia Berruto
24 Torino GLBT Film Festival
Giorgio / Giorgia ... storia di una voce
di Gianfranco Mingozzi
Italia 2008
E' stato presentato ieri pomeriggio da Giovanni Minerba, nella sala gremita dell'Ambrosio Due, il documentario italiano in concorso: "Giorgio/Giorgia ... storia di una voce" del regista Gianfranco Mingozzi.
"E' con molto piacere che voglio presentare questo film.
Di solito non mi succede.
Perché per me è un onore avere qui Gianfranco Mingozzi, al nostro festival, con un suo lavoro in concorso e perché a me questo film è piaciuto moltissimo.
Minerba ha sottolineato come si tratti ben più della storia di una voce: "Giorgio / Giorgia ... storia di una voce più che una voce, è una persona, un personaggio eccezionale."
E' la storia umana e artistica di Giorgia, al secolo Giorgio Montana, nome d'arte Giorgia O' Brian.
"Questo è un documentario - dice Mingozzi - che avrei voluto fare, voluto e dovuto fare, quarant'anni fa.
Più di quarant'anni fa quando Giorgia O' Brian era veramente al sommo della celebrità, nell'ambito dell'avanspettacolo.
Allora stavo facendo un lavoro con Zavattini: stavamo preparando un film sui misteri di Roma per il quale quindici-venti registi avrebbero dato un contributo su un aspetto, misterioso o no, di Roma.
Pensai, avendola vista (la O' Brian, ndr) all'Ambra Jovinelli, celebre avanspettacolo romano, di portare Zavattini a vederla. Ne fu addirittura estasiato."
Anche se poi, dalle parole dello stesso Mingozzi dopo l'incontro in camerino, apprendiamo che, inevitabilmente, il confronto tra l'immagine "meravigliosa" di questa donna bellissima ("trans: allora i trans in Italia erano assolutamente una rarità" precisa il regista) contrasterà con l'immagine reale di Giorgia, ancora un uomo, si dice, concordemente, non bello.
"Stavamo per cominciare quando Zavattini cambiò idea e mi dette da fare, invece, un film sulla Sicilia di Danilo Dolci. Avevamo girato per quindici-venti giorni. Il girato era talmente drammatico, nel 1965, quando la mafia appariva nella sua realtà e allora nessuno aveva ancora fatto un documentario sulla mafia: la mafia, la miseria ... i lati peggiori, diciamo, e le realtà della vita siciliana di quegli anni."
Giorgia, dopo l'avanspettacolo, si dedica al teatro e al cinema in un percorso che è anche l'oggetto, dettagliato, del documentario.
Il regista ritrova, personalmente l'artista nel film "Tobia al caffè" del 2000.
Nel film "le feci fare un personaggio di donna canora. Perché la sua particolarità, oltre al transessualismo, era la capacità della sua voce di passare dal più profondo basso al più acuto soprano."
Un vero e proprio fenomeno vocale.
Girando il film Mingozzi realizzò anche dei brevi backstage al cui centro c'è una donna simpatica e viva. Da qui nasce l'idea di fare, non un piccolo ritratto di pochi minuti, ma un film "sulla sua vita, sul suo coraggio ... di essere se stessa, sulla sua operazione e soprattutto sulla sua simpatia, intelligenza e vivacità."
Ne emerge un ritratto sincero, sfaccettato, acuto, sottile.
Senza censure neppure per gli aspetti più intimi della sessualità e delle inclinazioni di Giorgia.
Con tutta la tragicità e la commedia che possono essere contenuti in un'esistenza.
Comunque usata, mostrata e, in fin dei conti, probabilmente, anche, discriminata come quella di Giorgia.
Ancorché compresa e valorizzata.
"Io sono Giorgia.
Una volta ero ... Giorgio.
... Un uomo"
Questo dice Giorgia nel documentario proprio prima dell'aria che così bene descrive la bellezza ma anche il pathos della sua esistenza: "Vissi d'arte."
Giorgia che aveva bisogno, come tutti di essere amata, è stata amata, nel quotidiano, da chi non l'ha abbandonata fino alla fine: il compagno e marito Giorgio.
Nome e destino che vanno al di là della sorte.
con rispetto
Silvia Berruto
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