PORRAJMOS. Una persecuzione dimenticata. All'Espace Populaire il ricordo politico, associato, dei dimenticati
Il ricordo condiviso.
Questo l'esito dell'importante taglio politico e culturale che deriva dall'iniziativa associata di due idee "A forza di essere vento". Lo sterminio nazista degli Zingari e de "I Dimenticati" proposte alla cittadinanza da una parte dei soci arci appartenenti al circolo Saperi e Sapori per il 27 gennaio 2007, giorno della memoria.
Sottolineo una parte, perché un'altra parte di soci arci, pur insediata in Via Mochet, ha scelto l'autoreferenzialità programmatica di un protagonismo altro, monografico e di genere, che marca ancora separazione, segnalando una sostanziale carenza di coscienza politica collettiva e l'incapacità reale di appartenenza attiva ad una base associativa allargata. Questo stile solipsista è purtroppo ancora riscontrabile anche in altre iniziative proposte per il giorno della memoria: manca infatti, in tal senso, un lavoro culturale di rete.
È il solo ricordo associato, e associativo, nel giorno della memoria, a quanto mi risulta, sul territorio locale, quello proposto dall'Espace Populaire. E questa, dal punto di vista giornalistico, potrebbe essere "la notizia".
"A forza di essere vento" era stato segnalato nel numero 319 dell'estate 2006 - con l'anteprima del prezioso scritto, inserito nel libretto accluso ai dvd, della storica Giovanna Boursier - della Rivista anarchica A alla quale si deve l'importante pubblicazione.
Nel pomeriggio di sabato 27 gennaio all'Espace Populaire sono stati proiettati i due dvd contenenti documentari, testimonianze, interviste e spettacoli ai quali è seguita la testimonianza di Sofija Mitic appartenente alla comunità rom valdostana.
Porrajmos.
Si tratta di una persecuzione dimenticata e di una storia negata: la prima giornata di commemorazione delle vittime rom del nazismo, infatti, si è tenuta nel 1994 al Museo dell'Olocausto di Washington.
Perseguitati come gli ebrei per motivi razziali (vi sono documenti e decreti che lo attestano) sono almeno 500.000 gli zingari sterminati dai nazisti. Lo sterminio nazista dei Rom e dei Sinti si colloca all'interno di una storia secolare di discriminazione che è diventata "sistema" nell'ideologia nazionalsocialista. "Fin dal primo dopoguerra - ricorda Giovanna Boursier - non si è voluto riconoscere come razziale lo sterminio dei Rom e dei Sinti e per decenni si è detto che la persecuzione dei Sinti e dei Rom era una persecuzione contro asociali, contro criminali." Solo alla fine del 1980 il governo tedesco riconobbe ufficialmente che i Rom e i Sinti avevano subito una persecuzione razziale. Con diritto di risarcimento: diritto questo mai affermato.
La testimonianza, per chi scrive è fondamentale, sia nella sua forma passiva (l'ascolto delle testimonianze) sia nella sua forma attiva (l'atto del testimoniare) per quanto la voce fuori campo che introduce il documentario dell'Opera Nomadi Porrajmos reciti, con tutta la sua straziante verità, " [… ] È una brutta storia. Bisogna averla vissuta per poterla comprendere. Non so quanto serve raccontarla…"
Dopo la proiezione dei documentari Sofia Mitic ha portato la sua testimonianza. Sofija racconta la sua storia: "Mia nonna mi ha detto che mia madre e mio padre lavoravano per portare da mangiare a casa. C'erano i tedeschi e gli ùstascia. I tedeschi avevano preso mia madre. Mio padre ha reagito. Hanno picchiato mio padre con gli stivali. Mio padre non aveva neanche vent'anni. L'hanno talmente picchiato che dopo due settimane è morto."
Sofija attualizza e compara due esperienze e le sue perdite. Nella seconda guerra mondiale ha perso il padre ed alcuni parenti; nell'ultima guerra, in Jugoslavia, ha perso la sua casa e tutto ciò che aveva. "Noi siamo rom. Noi non vogliamo al guerra…che cosa hanno risolto con la guerra? Se non ci fosse stata la guerra io sarei a casa mia adesso. E avrei vissuto la mia vecchiaia a casa mia facendo il mio giardino e curando le mie galline. Sarei a casa mia… Anche se qui non c'è lavoro, grazie a Dio, c'è il rispetto da parte degli Italiani…Però le guerre sono brutte. Brutte. Brutte. Brutte."
È seguita "Fantasia zingaresca" la cena curata e preparata per tutti da Sofija, con hleb, pita, sarme e bombitze.
Infine "I dimenticati".Un'idea per ricordare, la lettura-action a cura della sensibile e sempre più straordinaria Paola Roman che ha dato, ancora una volta, riconoscimento ai dimenticati: deportati della comunità romanì (Rom e Sinti), omosessuali, testimoni di Geova, delinquenti comuni, asociali, apolidi, Ebrei, deportati politici a agli internati militari. E anche a tutti gli altri dimenticati dimenticati. Nello strenuo tentativo di attuare un percorso "dalla decostruzione del dolore alla costruzione della speranza attraverso l'immortalità del testimoniare."
E si continui a ricordare, auspicando che si realizzi quanto dice Giovanna Boursier: "Quello che mi auguro è che tutti, Rom e non Rom, troviamo la forza e il coraggio per dire e ascoltare, per metterci insieme confrontandoci e arricchendoci, affinché non ci sia mai più un Porrajmos né una nuova Shoà, né per noi né per nessun altro popolo della terra".
Sin qui, sino alla necessità di un ricordare collettivo, mi aveva portato la riflessione sulla deportazione, quando, l'anno scorso, ho iniziato ad elaborare un progetto che spero di riuscire a portare a compimento: un titolo come "collettivamente" o "mettersi insieme" potrebbe restituire bene l'intenzione.
Perché vorrei saper scrivere ancora, nella mia vita come nel libro "I Dimenticati", l'impegno di:
"kon ovla so mutavla
kon ovla
ovla kon ascovi
me gava palan ladi
me gava
palan bura ot croiuti"
Silvia Berruto
Questo l'esito dell'importante taglio politico e culturale che deriva dall'iniziativa associata di due idee "A forza di essere vento". Lo sterminio nazista degli Zingari e de "I Dimenticati" proposte alla cittadinanza da una parte dei soci arci appartenenti al circolo Saperi e Sapori per il 27 gennaio 2007, giorno della memoria.
Sottolineo una parte, perché un'altra parte di soci arci, pur insediata in Via Mochet, ha scelto l'autoreferenzialità programmatica di un protagonismo altro, monografico e di genere, che marca ancora separazione, segnalando una sostanziale carenza di coscienza politica collettiva e l'incapacità reale di appartenenza attiva ad una base associativa allargata. Questo stile solipsista è purtroppo ancora riscontrabile anche in altre iniziative proposte per il giorno della memoria: manca infatti, in tal senso, un lavoro culturale di rete.
È il solo ricordo associato, e associativo, nel giorno della memoria, a quanto mi risulta, sul territorio locale, quello proposto dall'Espace Populaire. E questa, dal punto di vista giornalistico, potrebbe essere "la notizia".
"A forza di essere vento" era stato segnalato nel numero 319 dell'estate 2006 - con l'anteprima del prezioso scritto, inserito nel libretto accluso ai dvd, della storica Giovanna Boursier - della Rivista anarchica A alla quale si deve l'importante pubblicazione.
Nel pomeriggio di sabato 27 gennaio all'Espace Populaire sono stati proiettati i due dvd contenenti documentari, testimonianze, interviste e spettacoli ai quali è seguita la testimonianza di Sofija Mitic appartenente alla comunità rom valdostana.
Porrajmos.
Si tratta di una persecuzione dimenticata e di una storia negata: la prima giornata di commemorazione delle vittime rom del nazismo, infatti, si è tenuta nel 1994 al Museo dell'Olocausto di Washington.
Perseguitati come gli ebrei per motivi razziali (vi sono documenti e decreti che lo attestano) sono almeno 500.000 gli zingari sterminati dai nazisti. Lo sterminio nazista dei Rom e dei Sinti si colloca all'interno di una storia secolare di discriminazione che è diventata "sistema" nell'ideologia nazionalsocialista. "Fin dal primo dopoguerra - ricorda Giovanna Boursier - non si è voluto riconoscere come razziale lo sterminio dei Rom e dei Sinti e per decenni si è detto che la persecuzione dei Sinti e dei Rom era una persecuzione contro asociali, contro criminali." Solo alla fine del 1980 il governo tedesco riconobbe ufficialmente che i Rom e i Sinti avevano subito una persecuzione razziale. Con diritto di risarcimento: diritto questo mai affermato.
La testimonianza, per chi scrive è fondamentale, sia nella sua forma passiva (l'ascolto delle testimonianze) sia nella sua forma attiva (l'atto del testimoniare) per quanto la voce fuori campo che introduce il documentario dell'Opera Nomadi Porrajmos reciti, con tutta la sua straziante verità, " [… ] È una brutta storia. Bisogna averla vissuta per poterla comprendere. Non so quanto serve raccontarla…"
Dopo la proiezione dei documentari Sofia Mitic ha portato la sua testimonianza. Sofija racconta la sua storia: "Mia nonna mi ha detto che mia madre e mio padre lavoravano per portare da mangiare a casa. C'erano i tedeschi e gli ùstascia. I tedeschi avevano preso mia madre. Mio padre ha reagito. Hanno picchiato mio padre con gli stivali. Mio padre non aveva neanche vent'anni. L'hanno talmente picchiato che dopo due settimane è morto."
Sofija attualizza e compara due esperienze e le sue perdite. Nella seconda guerra mondiale ha perso il padre ed alcuni parenti; nell'ultima guerra, in Jugoslavia, ha perso la sua casa e tutto ciò che aveva. "Noi siamo rom. Noi non vogliamo al guerra…che cosa hanno risolto con la guerra? Se non ci fosse stata la guerra io sarei a casa mia adesso. E avrei vissuto la mia vecchiaia a casa mia facendo il mio giardino e curando le mie galline. Sarei a casa mia… Anche se qui non c'è lavoro, grazie a Dio, c'è il rispetto da parte degli Italiani…Però le guerre sono brutte. Brutte. Brutte. Brutte."
È seguita "Fantasia zingaresca" la cena curata e preparata per tutti da Sofija, con hleb, pita, sarme e bombitze.
Infine "I dimenticati".Un'idea per ricordare, la lettura-action a cura della sensibile e sempre più straordinaria Paola Roman che ha dato, ancora una volta, riconoscimento ai dimenticati: deportati della comunità romanì (Rom e Sinti), omosessuali, testimoni di Geova, delinquenti comuni, asociali, apolidi, Ebrei, deportati politici a agli internati militari. E anche a tutti gli altri dimenticati dimenticati. Nello strenuo tentativo di attuare un percorso "dalla decostruzione del dolore alla costruzione della speranza attraverso l'immortalità del testimoniare."
E si continui a ricordare, auspicando che si realizzi quanto dice Giovanna Boursier: "Quello che mi auguro è che tutti, Rom e non Rom, troviamo la forza e il coraggio per dire e ascoltare, per metterci insieme confrontandoci e arricchendoci, affinché non ci sia mai più un Porrajmos né una nuova Shoà, né per noi né per nessun altro popolo della terra".
Sin qui, sino alla necessità di un ricordare collettivo, mi aveva portato la riflessione sulla deportazione, quando, l'anno scorso, ho iniziato ad elaborare un progetto che spero di riuscire a portare a compimento: un titolo come "collettivamente" o "mettersi insieme" potrebbe restituire bene l'intenzione.
Perché vorrei saper scrivere ancora, nella mia vita come nel libro "I Dimenticati", l'impegno di:
"kon ovla so mutavla
kon ovla
ovla kon ascovi
me gava palan ladi
me gava
palan bura ot croiuti"
Silvia Berruto
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