26 febbraio 2009

Sussidiarietà e mutualismo: sinonimi di libertà e alternativa. Per un cambiamento reale.


Estratto di un incontro, più che un'intervista, con Vincenzo Linarello presidente del Consorzio GOEL e portavoce di Comunità Libere
Dedicato a Mario

Quale è la storia e quali sono le storie di Vincenzo Linarello, di GOEL e di Comunità Libere in sintesi?

È una domanda che ci tratterrebbe molto, rischia di farci saltare l'incontro di stasera. C'è una prima fase del nostro percorso, partita prima dell'arrivo di Monsignor Bregantini nella nostra diocesi, che è una fase di ragazzi di adolescenti che abbiamo messo su un gruppo che si chiamava gruppo Kàtistos che si occupava di nonviolenza, mondialità, faceva campi estivi con persone con handicap. Da quel percorso lì quando grosso modo avevamo venticinque anni abbiamo deciso in base alla fatidica domanda su che cosa si fa da grandi.E lì una parte di noi decise che quei valori che aveva conosciuto in questa esperienza potevano concretizzarsi nel lavoro sociale e nacque un'associazione che si chiama "Centro diurno Don Milani".Un'altra parte di noi provò a immaginare la sfida di una vita intera dedicata a determinati valori.Ed è da lì che nacque l'idea della comunità di liberazione, la piccola comunità di vita dove io attualmente vivo con la mia famiglia e con altre persone e che, all'arrivo di Monsignor Bregantini - la seconda fase del nostro percorso - divenne un pochino l'epicentro della pastorale sociale del lavoro della diocesi di Locri. Perché Bregantini affidò a me l'incarico di responsabile della pastorale sociale del lavoro della diocesi e da lì iniziò il percorso di stretta collaborazione con lui.E' lì che da un percorso sociale di volontariato fatto di cultura terzomondista addivenimmo ad occuparci di lavoro in particolare di creazione di impresa all'interno di quell'ansia forte che Monsignor Bregantini aveva rispetto alla mancanza di lavoro. Tieni conto che da noi abbiamo il 75% di disoccupazione giovanile.In quel contesto imparammo prima di tutto a fare noi e poi a far fare anche agli altri cooperative e imprese. Mettemmo su un servizio che si chiama "Crea lavoro" attraverso il quale furono accompagnate e sostenute numerosissime imprese. Dopo dieci anni abbiamo stimato almeno mille nuovi posti di lavoro nella Locride. Un pezzo di questo di queste realtà che sono nate da questa esperienza sono state lecooperative sociali. E le cooperative sociali sono state forse l'esperienza che ha meglio assorbito la nuova idea di impresa che andavamo elaborando in quegli anni. Non a caso è proprio dalle cooperative sociali che decidiamo di andare a creare un primo sistema che è appunto il Consorzio sociale GOEL che nasce proprio con la consapevolezza che, per creare cambiamento, era necessario costruire un sistema alternativo al sistema di morte che noi vedevano attorno a noi costituito dalla 'ndrangheta e dalle massonerie deviate. Quindi il Goel nasce soprattutto con questa esigenza oltre ovviamente a quello di potenziare imprenditorialmente i propri soci, gli obiettivi classici, però ha già nel Dna quest'idea di provare a costruire un sistema alternativo a quello che dominava il territorio.Questa per estrema sintesi la storia sino ad oggi. Poi dal Goel sono nate, dalla spinta e dall'iniziativa del Goel, sono nate anche le esperienze di Calabria Welfare, di Comunità Libere e via dicendo.

Noi siamo venuti il 1 marzo 2008 a Locri in tanti. Il Consorzio Goel, e tu stesso, avete chiesto, non solo solidarietà, ma alleanza. Perché?

Perché in questi ultimi due-tre anni abbiamo fatto uno sforzo notevole per cercare di far capire che il problema della 'ndrangheta, così come il problema delle massonerie deviate, non è un problema solo della Calabria. E non solo perché la 'ndrangheta si sta espandendo velocissimamente in alcune aree d'Italia e anche all'estero e in particolar modo questa regione (la Valle d'Aosta, ndr) è una di quelle maggiormente investite da questa espansione. Non solo per questo, non solo perché il discorso delle massonerie deviate non è un problema solo della Calabria ma soprattutto perché il seme o l'humus culturale, sarebbe meglio dire, dentro cui è cresciuta e si è fatta forte la 'ndrangheta è qualcosa che purtroppo noi andiamo a vedere che c'è in tutta Italia. A livello economico l'humus su cui cresce la 'ndrangheta è la mancanza di libertà di mercato.E quando dico mancanza di libertà di mercato intendo dire mancanza di concorrenza, mancanza di libero accesso ai mercati, alte barriere di accesso ai mercati che è un po' caratteristica della storia anche del capitalismo italiano che è un capitalismo fondato sulla famiglia - guarda caso sulla famiglia è il tema comune anche su cui si costruisce la struttura della 'ndrangheta - che è un capitalismo fondato sulle lobbies di potere, che è un capitalismo che ha paura della concorrenza e della qualità, che si protegge dentro a gabbie di valori assolutamente irrazionali contrariamente a quanto si dice dovrebbe essere consentito ad un libero mercato. Quindi, di conseguenza, questo crea le condizioni favorevoli perché la logica economica della mafia sia fortemente candidata ad espandersi in Italia.Accanto a questo c'è tutta una serie di processi culturali che, a differenza di quello che si pensa, somigliano molto ai processi omertosi. Io dico che c'è veramente poca differenza tra l'omertà espressa da parte di una famiglia che si barrica in casa quando sente sparare in strada o quando sente "saltare" un negozio e l'omertà di una famiglia in un'area ricca del nord che si chiude nella protezione della mura dell'appartamento domestico e non si interroga su chi sta costruendo il grande complesso edilizio commerciale che cresce dall'altra parte della strada. Eppure il senso di appartenenza al territorio porterebbe a far sì che uno si interrogasse su chi è il soggetto titolare che sta costruendo quella cosa lì, per quale ragione, chi ci sta dietro, quali sono i suoi programmi perché è vero che la proprietà privata e l'iniziativa privata sono possibilità aperte a tutti però è altrettanto vero che questa si inserisce in un territorio che è un bene comune, che è un bene di tutti.Eppure oggi vedo al nord quello stesso spirito sostanzialmente di chiusura che porta a dire "non mi interessa, non mi riguarda, non devo impicciarmi, non metto il naso, che c'entro io" che è un senso, sostanzialmente, di espropriazione culturale del territorio in cui uno vive. Come contraltare noi, invece, proponiamo l'idea della riappropriazione del territorio dove ognuno vive. Tutto questo per dire, potremmo parlare poi sulla questione elettorale, sui meccanismi di consenso, che tutto il seme antidemocratico e contro la libertà che oggi viene, in qualche modo, estremizzato dalle manifestazioni mafiose in Calabria è oggi qualcosa presente in nuce in tutta Italia, in particolar modo, guarda caso, nelle zone a più alto tenore dio sviluppo.Tutto questo ci porta a dire che il percorso che dobbiamo fare dobbiamo farlo insieme, il percorso culturale che dobbiamo fare lo dobbiamo fare insieme, ma anche poi la battaglia democratica per la libertà, per la democrazia, per la riappropriazione del territorio, dobbiamo farla insieme.Senza contare poi il grande pericolo oggi che c'è per la democrazia e per l'economia italiana derivata dal fatto che un patrimonio immenso, come quello che oggi gestisce la 'ndrangheta viene immesso ogni anno sul mercato in Italia - parliamo di 60/70 miliardi di euro - e che rischiano di avvelenare l'economia in Italia.Tutto questo ci porta a far sì che, da un lato, noi dobbiamo condurre la nostra battaglia contro la 'ndrangheta nel nostro territorio, dall'altro lato noi dobbiamo tentare di far aprire gli occhi ai nostri concittadini del nord e dire "guardate che se voi pensate che oggi il problema è solo nostro vi sbagliate di grosso".E se prendete coscienza che il problema è anche vostro non si tratta più di solidarietà, si tratta di alleanza, dentro ad un percorso di liberazione comune e dentro ad un percorso contro un nemico comune.

Legalità e illegalità sono due poli della nostra esistenza. Come si lotta, come si resiste, come si vince la lotta per la legalità non solo nella Locride, perché conveniamo entrambi che non si tratta solo di un problema di qualcuno ma di un problema generale. Quali sono le lotte più importanti per la legalità?

Io...francamente...sto sempre più pensando all'esigenza del superamento del concetto di legalità.Nel senso che a me piace parlare molto più appropriatamente di lotta per la giustizia sociale ed economica, di cui la legalità è un'espressione compiuta.Faccio un esempio. All'interno di un contesto dove tu sei vittima di un sistema di produzione di precarietà, come quello calabrese, dove questo sistema di precarietà ti espropria dei tuoi diritti fondamentali - essere curato o avere un lavoro - tu capisci bene che una forte spinta al rispetto della legalità, dentro ad un contesto profondamente ingiusto, paradossalmente può essere un ulteriore strumento di controllo sociale perché va a colpire esattamente i soggetti più deboli. Questo per dire che la legalità è la cornice - come diceva il mio vescovo - di un quadro che è la giustizia sociale. Allora la cornice senza il quadro non serve assolutamente a nulla. E' il quadro che, forse, può stare senza la cornice, però la cornice lo rende molto più bello. Quindi il discorso, senza ovviamente creare contrapposizione tra i due concetti, è che noi dobbiamo creare le condizioni per un'equità, una giustizia, una pari opportunità a livello sociale e a livello economico, ed è su questa che poi la legalità diventa un'esigenza non solo giusta ma sacrosanta. Senza questo percorso, andare a invocare la legalità, all'interno di un contesto ingiusto senza fare un'antimafia dei bisogni prima ancora che un'antimafia della legalità diventa una cosa di strano.

Se stasera ci fosse tempo declinerei proprio l'incontro su alcune parole della nonviolenza tra cui la parola giustizia ci sta di sicuro. Ma lo stato che ha fatto, che fa? In un contesto in cui la 'ndrangheta e le massonerie deviate hanno instaurato un sistema di controllo sociale e hanno prodotto e producono, come tu hai segnalato, precarietà. Ricordo benissimo, nel tuo discorso del primo marzo (a Locri, ndr), il passaggio in cui affermavi: "abbiamo capito il mancato sviluppo della nostra regione non era frutto del caso ma era determinato da un sistema intelligente che produceva precarietà." La domanda è provocatoria, ovviamente. Ma siamo proprio sicuri che è un sistema intelligente quello che produce precarietà?

Un sistema intelligente nel senso che non è casuale: è pensato e ragionato. Per tutta una serie di ragioni storiche, che sarebbe qui interessante andare a dibattere ma la allungo, si è creata una complicità funzionale tra una serie di sistemi di controllo sociale e alcuni sistemi fortemente illegali. Tutto questo ha fatto sì che la precarietà fosse sostanzialmente il fondamento su cui si potesse andare a costruire un sistema di controllo sociale che si esprimeva, poi alla fine, anche nel controllo del consenso.L'assistenzialismo sostanzialmente - di cui, ormai credo, che è incontrovertibile che abbia caratterizzato quarant'anni di storia del Sud - non può attecchire, radicarsi e durare tanto - se non in un contesto dove tu hai una situazione di precarietà. Quindi la precarietà è la pre-condizione per la costruzione dell'assistenzialismo. Quindi l'assistenzialismo è la pre-condizione per il controllo del consenso del territorio, dove i diritti democratici e civili li baratti per i bisogni fondamentali.E' questo il sistema che oggi hanno consolidato e che è passato nelle mani dell'alleanza nefasta tra 'ndrangheta e massonerie deviate. Per cui la 'ndrangheta e massonerie deviate usano i bisogni quotidiani delle persone per estorcere consenso elettorale che viene barattato con i partiti. A questo punto del gioco lo stato, inteso come struttura amministrativo-burocratica, perché ovviamente perché il mio concetto di stato non si ferma lì, va giù, diventa, di fatto, un pezzo di strumento nelle mani di queste realtà qui. E quindi diventa, esso stesso, uno strumento attraverso cui si attua il controllo sociale del territorio. Per dire, le pensioni erogate alla gente, pagate con i soldi dei cittadini, diventano lo strumento per il controllo del voto della gente. Quindi c'è il paradosso per cui il denaro pubblico viene utilizzato per alimentare un sistema illegale. Questo tipo di impostazione ci fa capire, oggi, quanta libertà possa esserci, anche dentro una buona volontà della classe politica, per portare avanti la battaglia contro questo sistema.Per dirla in soldoni: chiunque oggi metta in crisi un sistema di questo tipo, in Calabria, deve fare i conti con la probabilità seria che quel 60/70% dei voti controllati in Calabria, possa andare a finire altrove, favorendo, quindi, degli equilibri elettorali anche su scala nazionale, non solo su scala regionale. E comunque ,certamente, non potendo valicare il controllo amministrativo regionale o locale.Tutto questo porta a far sì che la lotta, che lo stato, apparentemente, fa contro la 'ndrangheta e le massonerie deviate, non possa essere portato sino in fondo. Questo non vuol dire che è tutto così. Dentro alle istituzioni abbiamo sacche molto importanti di libertà che vengono difese a costo di eroismo. Però poi non ci si deve meravigliare se un Gratteri, procuratore antimafia di Reggio Calabria, trova la microspia nel suo ufficio. Mi pare che questo attesti il fatto che, purtroppo, alcune sono"sacche" di lealtà istituzionale, di libertà istituzionale.

A me pare di aver capito che, a Locri, siano state proposte due vie di uscita dal giogo della 'ndrangheta e delle massonerie deviate. Ho inteso che la cooperazione sociale è un sistema, e in quanto sistema, può essere una via percorribile ...

sta tentando di rappresentare un "altro" sistema ...

e anche il tuo appello, il vostro appello, al voto libero, all'esercizio di un diritto-dovere di un voto libero. A me piace molto l'idea del Decalogo che voi avete scritto che serve per tutti noi e che vorrei ricordare. Se è vero che una delle due vie d'uscita, ho intuito è il voto, come si può votare "libero" non solo nella Locride, non solo in Calabria, ma in Italia?

In realtà l'operazione che abbiamo fatto con il segno del Decalogo del voto libero è un'operazione di natura "culturale" che è una condizione necessaria ma non sufficiente per il cambiamento. Nel senso che quando dico che noi dobbiamo fare l'antimafia dei bisogni, non voglio dire che l'antimafia culturale vada sospesa o messa in secondo piano, dico che è un pre-requisito fondamentale ma di per sé non sufficiente a produrre cambiamento. Perché oggi aiutare la gente a pensarla diversamente, a leggere chiaramente la situazione, è una pre-condizione necessaria ma non è sufficiente fino a quando non si crea emancipazione anche sul lato della risposta ai bisogni quotidiani. Un papà, può anche aver chiaro che deve pretendere cure adeguate per suo figlio, per un suo caro, senza barattarle, senza chiederle per favore. Detto ciò, quando si troverà nella situazione specifica, probabilmente soccomberà, pur nella consapevolezza che questa non è una cosa giusta che lui sta facendo. Quindi, dentro a questo contesto, l'operazione della campagna del voto libero è un'operazione di natura culturale: c'è qualcosa che va fatta ma sulla quale non ci illudiamo possa essere innescato un cambiamento reale. Quello che noi oggi pensiamo possa produrre cambiamento reale è, in realtà, il frutto di due parole chiave, che per noi stanno diventando sempre più sinonimo di libertà e di alternativa: sussidiarietà e mutualismo. Sussidiarietà intesa come l'idea di uno stato che è sempre di più fondato sulla comunità e non sulle strutture burocratico-istituzionali.L'idea che tutto quello che può essere fatto in basso non deve essere assunto in alto è oggi un'idea di democrazia imprescindibile. La comunità locale, prossima ai bisogni della gente, è il luogo più prossimo ai bisogni della gente che deve fornire una risposta ai bisogni della gente. Quindi, da questo punto di vista, la sussidiarietà ci porta a far sì che sia la comunità garante della democrazia e non un ordinamento burocratico, che ci tranquillizza psicologicamente in una pretesa di oggettività e di imparzialità, ma che nei fatti abbiamo visto che oggi, dentro a quella oggettività giuridica su cui si fonda, trova anche la stessa protezione per non dar conto alla comunità stessa che in fondo lo legittima e lo esprime.Ma c'è anche un concetto di stato differente in cui lo stato non è quell'idea, cara a certi ambienti, tra l'altro culturali, per cui lo stato "sussiste" a prescindere dalla comunità o addirittura è lo stato che legittima la comunità.E' il contrario!E' la comunità che legittima lo stato. E qualora la sua espressione funzionale, la burocrazia, non serve, nel senso proprio di "servire", di essere al servizio della comunità, quella diventa illegittima. E non è la burocrazia che dichiara illegittima la comunità: è il contrario, sostanzialmente. Quindi la sussidiarietà oggi noi la vediamo come una frontiera di grande libertà: ovviamente una sussidiarietà democratica e partecipata.Dall'altro lato il mutualismo diventa l'altra faccia, diciamo così, di questa libertà: che consente sostanzialmente alla gente di scambiare in basso e di non fare un giro lungo per cui attraverso le tasse che fanno il giro si crea il mutuo aiuto tra le persone. Lo scambio può essere fatto anche molto in basso. L'esperienza delle cooperative ce lo insegna. Quindi dentro a queste due parole chiave la nostra idea oggi dell'alternativa alla 'ndrangheta si chiama comunità mutualistica. C'è l'idea di andare ad organizzare la gente dentro comunità di mutualismo sussidiario dove la gente viene aiutata ad organizzarsi per prodursi quella risposta ai bisogni che oggi baratta con quel sistema politico mafioso, massonico. Ed è lì che tu rompi il meccanismo di scambio e liberi la politica.Poi uno dei luoghi comuni che vorrei sfatare è che io considero assolutamente indispensabile il momento politico, il momento anche partitico, però lo considero indispensabile quando ci siano le pre-condizioni di libertà perché questo avvenga.Quello che noi vorremmo fare non è fare a meno dei partiti ma di rendere loro una libertà sufficiente che consenta di pensare ad un bene comune. Oggi i partiti, secondo me, non hanno una libertà sufficiente a ragionare sul bene comune. Anche quando si rendono conto di qual è il bene comune, gli interessi di parte che esprimono, che scambiano sono così vincolanti che non consentono loro di fare dei ragionamenti seri su alcuni temi. Quindi da questo punto di vista se viene meno questo concetto di baratto dei bisogni, il bisogno diventa un diritto e un diritto che soprattutto la gente si organizza a soddisfare, la politica si libera si libera da questo meccanismo utilitaristico e può esprimere davvero il massimo delle sue potenzialtà.Noi sogniamo dei partiti liberi.

Come la cooperazione sociale può spezzare il sistema della 'ndrangheta. Quali sono i cardini e il sistema valoriale della cooperazione sociale interpretata da voi nel vostro territorio?

La cooperazione sociale esprime nel proprio Dna valori esattamente opposti a quelli della 'ndrangheta e, tra l'altro, li esprime dentro a percorsi metodologici esattamente opposti a quelli della 'ndrangheta. E qui il ragionamento entra in collegamento con la nonviolenza. La nonviolenza diventa un'alternativa storica non sul piano degli obiettivi ma sul piano dei mezzi, sul piano dei percorsi. E' lì che si produce un cambiamento vero, un'alternativa vera.Rispetto a questo che cosa accade. Oggi ci sono tre elementi che caratterizzano una cooperativa sociale correttamente concepita che vive pienamente la democraticità all'interno e la partecipazione; vive un meccanismo non solo di razionalità e di efficienza ma anche di distribuzione del valore che produce e infine ha la capacità di integrare e di dare pari opportunità a persone che vengono da percorsi di svantaggio pesante. Esattamente l'opposto di quello che fa la 'ndrangheta. La 'ndrangheta non è democratica, è coercitiva, verticistica, è basata su una indiscussa gerarchia di ruoli.Non distribuisce valore ma tende ad accumularlo. Non è un caso che oggi si stia creando una stratificazione all'interno della 'ndrangheta. I magistrati anti-'ndranghta più bravi dicono che, ormai, il 90% delle risorse della 'ndrangheta è nelle mani del 10% degli affiliati. E' paradossale: dopo aver espropriato il territorio della ricchezza espropriano se stessi.La 'ndrangheta non ammette la debolezza. E' selettiva. Vince chi sopravvive. Le faide sono l'emblema della selezione della classe dirigente. La classe dirigente nella 'ndrangheta si seleziona attraverso le faide. Quindi sostanzialmente non solo chi ha debolezze ma addirittura chi non riesce a restare in vita non è degno di avere ... Esattamente l'opposto in cui diventa un valore centrale, quasi la testata d'angolo, nella cooperazione sociale, l'elemento più debole, la persona svantaggiata che diventa il perno su cui tu costruisci tutto l'impianto della cooperazione. Capisci che la cooperazione sociale, correttamente concepita, è la realtà più eversiva che ci possa esistere nei confronti della 'ndrangheta.

Silvia Berruto

6 maggio 2008 - pomeriggio -Espace Populaire - Aosta
Nella foto: Vincenzo Linarello - Locri 1 marzo 2008 - C-2008 - Photo Silvia Berruto



1 Comments:

Blogger Rui Sousa said...

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Rui Sousa

1:43 PM  

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